1. Fare attenzione
1. Fare attenzione
La prima azione del modello operativo di cura responsiva è far attenzione. Per le educatrici di asilo nido, fare attenzione è un processo attivo basato sull’osservazione, l’ascolto attivo e la successiva interpretazione di quanto i bambini esprimono con il comportamento in esame – in breve: sul mettersi intenzionalmente in sintonia con ogni bambino in maniera intenzionale e proattiva.
2. Individualizzazione del rapporto educatrice-bambino
2. Individualizzazione del rapporto educatrice-bambino
La seconda azione del modello operativo di cura responsiva è l’individualizzazione. L’individualizzazione del rapporto educatrice-bambino, ai fini della cura responsiva consiste principalmente in 3 sotto-azioni concrete:
- Tempo dedicato
- Interazioni verbali
- Contatto fisico
A cui si aggiunge l’individualizzazione delle azioni educative (trattata più estesamente in Individualizzazione di azioni educative al Nido - Buone pratiche).
Individualizzazione: Tempo dedicato
2.a) Individualizzazione - Tempo dedicato
Con la cura responsiva, le educatrici di asilo nido trascorrono del tempo in interazioni uno a uno quotidianamente con ciascun bambino e solo a questo dedicato.
Questo tempo può essere:
- Pianificato nel progetto educativo (ad esempio, predisponendo la routine del cambio in modo da avere tempo sufficiente a sviluppare delle interazioni affettuose con ciascun bambino)
- Ritagliato durante la vita quotidiana dell’asilo nido (ad esempio, passando qualche minuto con ciascun bambino durante un’attività)
Durante questo tempo, è importante:
- Dedicarsi al singolo bambino (ad esempio: contatto oculare, fisico, uso del suo nome, adozione di un particolare rituale sviluppato con lui, ecc.)
- Non trasmettere sensazioni di frettolosità al bambino o troncare bruscamente il momento dedicato
Individualizzazione: Interazioni verbali
2.b) Individualizzazione - Interazioni verbali
Con la cura responsiva, le educatrici hanno interazioni verbali uno a uno quotidianamente con ciascun bambino (secondo il suo livello di sviluppo).
Le interazioni verbali educatrici-bambini sono lo strumento più semplice e più economico da usare negli asili nido. Inoltre, queste interazioni assolvono molte funzioni nello stesso tempo; ad esempio promuovono in maniera efficace lo sviluppo cognitivo e del linguaggio, sociale e emotivo, ecc.
Per la cura responsiva, le interazioni verbali devono essere scambi comunicativi: l’educatrice interagisce con il bambino ascoltandolo in quanto soggetto attivo della comunicazione.
È interessante notare che non si sta parlando di semplici verbalizzazioni, né di indicazioni (“Fai...”, “No...”), ma del coinvolgimento di ciascun bambino come soggetto attivo della comunicazione verbale.
Le interazioni verbali della cura responsiva sono cioè “paritarie” e portate avanti dal bambino. Le educatrici possono incentivare le interazioni verbali, ad esempio utilizzando i nomi propri, non rivolgendosi sempre al gruppo di bambini ma ai singoli, cercando il contatto oculare, seguendo il discorso, ecc. , in maniera coerente con lo sviluppo raggiunto. Ad esempio, per un bambino di 6 mesi, le interazioni verbali sono costituite in buona parte dall’educatrice che, stabilito il contatto oculare, ripete i vocalizzi del bambino, aggiungendovi un collegamento con la realtà (come indicare un oggetto o un’azione).
Individualizzazione: Contatto fisico
2.c) Individualizzazione - Contatto fisico
Con la cura responsiva, le educatrici hanno un rapporto di contatto fisico uno a uno quotidianamente con ciascun bambino.
I bambini in età di asilo nido hanno bisogno di essere contenuti e accolti fisicamente (“holding”). Questa necessità diminuisce progressivamente con la crescita: fondamentale sotto i 12 mesi, è ancora importante ai 4 anni.
Il contatto fisico non deve essere limitato alle sole routine del cambio, ma usato come un’usuale componente della comunicazione coi bambini (abbracci e contatti durante le attività, rassicurazioni fisiche quando un bambino da segni di stress o tensione, carezze per incoraggiare, ecc.), solitamente in unione alla componente verbale.
Per questo, il contatto fisico deve essere fornito quando i bambini ne fanno richiesta o ne mostrano la necessità (ad esempio: iniziano a dare segni di inquietudine o di stress, ecc.).
Inoltre è consigliabile sia proposto e iniziato dall’educatrice anche in altre occasioni durante la giornata (spesso basta una carezza guardando il bambino negli occhi).
Le caratteristiche di questo tipo di contatto fisico sono molteplici e dipendono anche da ciascun bambino. Si passa da semplici tocchi, solitamente apprezzati dai bambini più grandi, a veri e propri cullamenti e dondolii per i bambini molto piccoli.
Gli abbracci sono probabilmente il contatto fisico più sfruttabile dalle educatrici, in quanto permettono anche di “isolare” il bambino (ad esempio per ridurre il suo disagio).
Altri tipi di contatto fisico molto utili sono i massaggi. Esistono poi enormi varianti nel modo in cui il bambino cerca l’educatrice: si va dal toccarle la pancia (anche mano su pelle) a saltarle in groppa, a appoggiare la testa sulle ginocchia o fronte-fronte, ecc.
Nota. Il contatto fisico è importante per le educatrici di asilo nido, anche perché contribuisce a ridurre lo stress lavoro-correlato.
3. Fiducia
3. Fiducia
La terza azione del modello operativo di cura responsiva è la fiducia. Operare in modo da far sviluppare ai bambini un senso di fiducia verso il prossimo è fondamentale per la vita futura del bambino. Per far ciò, le educatrici devono dimostrare a ciascun bambino che egli e ciò che egli fa sono interessanti e importanti.
Oltre alle verbalizzazioni di quanto fanno, apprezzamenti e riconoscimenti, proposte di ulteriori sviluppi a quanto i bambini mostrano, ecc., le educatrici devono rispondere alle loro esigenze prontamente, in maniera coerente e efficace alla soddisfazione dell’esigenza stessa.
È importante notare che le esigenze possono essere complesse e i modi di soddisfarli molteplici, permettendo anche un ampio uso della creatività di ciascuna educatrice. Quello che è importante è che la risposta sia pronta e costante nel tempo.
Chiaramente ogni educatrice sviluppa con ciascun bambino delle azioni più o meno simili nel tempo, a volte anche dei piccoli rituali. Nella pratica degli asili nido, in cui le educatrici cambiano spesso per turni, malattia, ferie, ecc., questo può giustificare la predisposizione di un elenco scritto di risposte, in cui siano ben evidenziati gli elementi rituali delle azioni. Questo elenco può essere di grande aiuto alle supplenti e ad altre educatrici che non conoscono i bambini.
4. Intenzionalità educativa
4. Intenzionalità educativa
La quarta azione del modello operativo di cura responsiva è l’intenzionalità educativa di ogni interazione. La cura responsiva verso un bambino di asilo nido è tale se rivolta costantemente a facilitare, migliorare, incrementare lo sviluppo di quel bambino. In sintesi, qualsiasi interazione con ciascun bambino dovrà avere finalità educative: siamo o no educatrici?
Quest’azione educativa costante si può considerare sviluppata in due punti: a) progettuale e b) quotidiana.
a) L’azione educativa progettuale.
Si usano le proprie conoscenze (in particolare quelle sullo specifico bambino, raccolte ad esempio con adeguata osservazione, ecc.) e le proprie competenze (in particolare pedagogiche e riguardanti lo sviluppo dei bambini) per progettare e poi sviluppare esperienze e attività che incrementino lo sviluppo del bambino stesso. Questo può essere fatto in maniera collegiale con le altre educatrici, in fase di predisposizione del progetto educativo.
b) L’azione educativa quotidiana.
Riguarda tutte le interazioni con ciascun bambino (ad esempio, quelle che avvengono durante le routine, tra una routine e l’altra, le verbalizzazioni durante un’attività progettata, ecc.). Si usano le proprie conoscenze, le proprie competenze e il modello rappresentato dall’educatrice stessa in modo che l’interazione con ciascun bambino contribuisca al suo sviluppo in almeno un’area.
Da un punto di vista pratico, ciò si ottiene quando l’educatrice conosce, e concretamente si attiva secondo quanto conosce:
- Quali effetti vuole produrre sullo sviluppo del bambino
- Come deve agire per produrli
- Perché le sue azioni avranno tali effetti
- Con una sorta di slogan, possiamo dire “l’educatrice non reagisce ma proagisce secondo le proprie competenze”.
Un semplice sistema è porsi la domanda “Cosa e come stimolo lo sviluppo di questo bambino, ora che sto rispondendogli?” e rispondervi in modo diretto e onesto, indicando almeno un’area dello sviluppo che si è intenzionati a promuovere e uno dei mezzi con cui ciò avverrà.
Basta a volte porsi mentalmente questa domanda e analizzare velocemente cosa si sta rispondendo.
Un esempio
L’educatrice dice “No” al bambino (per l’azione che questo stava compiendo).
Rispondere a “Cosa e come stimolo lo sviluppo di questo bambino, ora che sto rispondendogli?” con la frase “Così il bambino impara a rispettare le regole e migliorerà il suo sviluppo cognitivo” o simili (sentite in vari corsi di formazione) significa affermare che quel bambino è, tra le altre cose:
- In grado di comprendere che “No” si riferisce ad una regola, o meglio alla classe delle azioni non comprese nella regola (come quella che stava compiendo in quel momento), e non alla singola azione che questo stava compiendo: il livello di sviluppo del bambino è davvero tale da fargli comprendere ciò?
- In grado di comprendere la regola. È stata spiegata? Come? Quando? Il bambino aveva sviluppato competenze e capacità tali da poterla comprendere? Quanto tempo è passato da quando è stata illustrata, è passato più o meno tempo della capacità di ritenzione del bambino (cioè di quanto può tenere in memoria)?
- In grado di raggiungere lo scopo con un’azione diversa da quella interrotta. Può farlo, con il suo attuale sviluppo? L’azione interrotta è forse un’azione tipica della fase di sviluppo raggiunta dal bambino? Se sì, quale azione che lui sia in grado di fare gli propongo? Se no, perché gli sto impedendo di completare l’unica azione che è in grado di fare?
- Lo sviluppo cognitivo del bambino è facilitato dal comprendere che stava infrangendo una regola? Come?
In moltissimi casi, l’educatrice converrà che l’intenzione educativa in quel “No” è quanto meno dubbia, se non inesistente.
Nota: queste osservazioni si riferiscono a una situazione in cui non vi era pericolo o rischio di incolumità per alcuno.